A Parma: Il monastero di San Giovanni Evangelista fra Arte e Spiritualità
A Parma: Il monastero di San Giovanni Evangelista fra Arte e Spiritualità
La lunga storia del monastero di San Giovanni Evangelista in Parma, le cui origini datano al X secolo, con l’ingresso nella Congregazione di Santa Giustina nel 1477 fu caratterizzata dall’esordio di un rinnovato splendore.
Ne sarebbe seguita la ristrutturazione completa dei suoi edifici: in pochi decenni di straordinario sforzo edilizio i monaci neri di Parma realizzarono la nuova fabbrica del monastero impegnando nei lavori i migliori artisti e artigiani disponibili. Un intenso fervore di lavori coinvolse l’impianto architettonico, si pensi alla rinnovata sala della Biblioteca storica, realizzata nel 1523, l’apparato pittorico e scultoreo. Il rinnovamento, fedele alle esigenze spirituali e culturali del monastero, era sostenuto dall’assiduo impegno dei monaci. La valorizzazione culturale, congiunta alla preghiera, stava d’altro canto alla base del pensiero benedettino. L'esercizio delle arti, giova ricordarlo, rientrava negli instrumenta elencati dalla Regola benedettina ( cap. IV), ove veniva predicato l’otium laboriosum quale rimedio al taedium. Già a partire dal XIII secolo Edmondo di Abingdon si pronunciava così: "Nunc lege, nunc ora. / Sacra vel in arte labora. / Sic erit hora brevis / et labor ipse levis"[1]
L'‘otium monasticum,’ come argomentato da Leclercq,[2] era funzionale alla progettazione dell’’ars sacra, ovvero la creazione artistica.
Ab antiquo i temi dell’arte monastica raffigurati nelle opere d’arte, in larga misura illustrati dai monaci in alcuni scritti, privilegiavano gli episodi biblici riferiti in prevalenza al Paradiso, alla rivelazione di Dio a Ezechiele, Isaia e altri profeti o alla Gerusalemme del cielo richiamata dal libro dell’Apocalisse.
Già sullo scorcio di fine del Quattrocento e primo Cinquecento fra le mura del monastero, nei chiostri e all’interno dell’abbazia era operosa una ricca officina che annoverava al proprio interno gli artisti più famosi dell’epoca: fra i pittori ricordiamo Antonio Allegri, il Correggio, ( 1489 – 1530) Francesco Mazzola, il Parmigianino, (1503- 1540), i cui affreschi rendono la chiesa di San Giovanni Evangelista un unicum, ben noto nel mondo.
Sarebbe lungo enumerare in queste brevi note i capolavori custoditi nel cenobio parmense, che sarà gradita cura mostrare ai visitatori che sceglieranno di aderire alla bella iniziativa Monasteri aperti.
Ciò che preme qui sottolineare è l’unitarietà d’intenti dei padri benedettini nel patronage diretto delle imprese artistiche, le cui proposte iconografiche condivise con gli artisti incaricati, rispecchiano gli indirizzi della civiltà cassinese; la cui specificità teologica era ancorata ai dati biblici e patristici associati ai testi classici.
Tanto emerge nelle affascinanti decorazioni giovannee: si ricorda qui il fregio delle Profezie che scorre lungo la navata centrale della chiesa benedettina. L’affresco, svolto dal Correggio con la collaborazione di F. M. Rondani (1519-1523) traduce il significato profondo della stretta relazione, sul medesimo piano, dei differenti credo religiosi : cristiano, ebraico, pagano.
Il Monastero di San Giovanni vive oggi una stagione di rinascita e valorizzazione; prima testimonianza, l’autunno passato, è stata la realizzazione del restauro di una porzione dell’affresco con Profeti e Sibille prima menzionato, i cui esiti hanno messo in luce con la piena autografia di Correggio alcune importanti novità storico-artistiche.
Approfondimento a cura della Dott.sss Maria Cristina Chiusa
[1] Si veda M.C. Chiusa, Parole e immagini nei fregi benedettini . A Parma: il Fregio delle Profezie in San Giovanni Evangelista, in corso di stampa; C.H. Lawrence, St. Edmund of Abingdon, Oxford 1960, p. 243.
2. J. Leclercq, Umanesimo e cultura monastica, Milano 1989, pp. 143-146; e Idem, Otium Monasticum as a Context for Artistic Creativity, in Monasticism and The Arts, ed. by T.G. Verdon, Syracuse 1984.