Pieve romanica di S. Maria Assunta di Rubbiano
Montefiorino
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Forse la più antica pieve del Modenese, fondata nel corso del VII secolo e dedicata a Santa Maria Assunta. Situata sulla Via Bibulca, strada medievale di grande importanza che dall’Alpe di San Pellegrino, attraverso la Selva Romanesca, nei domini dei Canossa, collegava la Valle del Secchia con la Toscana per poi arrivare a Lucca meta di pellegrinaggi per l'adorazione del "Volto Santo".
Era annesso alla Pieve un ospizio per i pellegrini e i viandanti.
I più antichi documenti che si riferiscono alla Pieve sono le nomine dell’arciprete Giorgio del 882 e dell’arciprete Sileberto del 908 e sono le firme più antiche, di parroci, esistenti nell’Archivio capitolare di Modena. In queste nomine si ordina all’arciprete di riparare la Chiesa, radunare i chierici, far scuola e istruire i fanciulli.
La giurisdizione della pieve di Rubbiano, fulcro della vita religiosa e civile della popolazione del territorio denominato “Rubbianese”, si estendeva alla fine del sec.VIII sulla Pieve di Santa Maria Assunta di Polinago, sulla Pieve di Santa Giulia dei Monti e su tutte le Chiese o Cappelle circostanti. La Pieve era officiata da un capitolo di canonici che vivevano in comune assieme all’arciprete e sotto la sua direzione.
Il sorgere dell’Abbazia di Frassinoro nel 1071, recò un grande colpo al prestigio della Pieve, nacquero infatti controversie fra le due istituzioni religiose fino a dover ricorrere al papa Callisto II. Si giunse ad un accordo secondo cui gli arcipreti dovevano essere nominati dal Vescovo di Modena col consenso dell’abate.
Illustri personaggi furono arcipreti di Rubbiano e fra essi ricordiamo: Geminiano Sigonio, Sebastiano Bellincini, Simone Boschetti, che facevano parte del capitolo del Duomo di Modena e che provenivano da importati famiglie della stessa città; Guido Silvestri da Pesaro (medico del cardinale Ippolito d’Este) e il cronista Gianfranco Secchi.
L’attuale Pieve fu edificata fra il X e XII secolo. La pianta basilicale a 3 navate con transetto e 3 absidi seguiva il modello cluniacense fortemente sostenuto da Matilde di Canossa fautrice della riforma gregoriana. Nel 1662 la struttura fu accorciata di 9 braccia quindi di un’arcata per motivi di staticità dell’edificio. Furono messe in opera le stesse pietre dell’antica facciata ma sopprimendo lo zoccolo, il lavoro fu compiuto in 40 giorni, era arciprete don Giacomo Beneventi.
Le absidi furono restaurate nel 1837. L’abside mediana è più elevata e sporgente secondo il modello cluniacense. Le lunette degli archetti presentano rilievi figurati molto interessanti. L’interno è a croce latina con presbiterio sopraelevato ed è scandito da colonne e pilastro all’incrocio del transetto. I capitelli delle colonne sono neo-corinzi con foglie d’acanto e animali fantastici. Queste raffigurazioni si trovano anche nelle cornici scolpite nelle absidi. Nei pilastri del presbiterio si trovano resti di affreschi del trecento. Alla sinistra del transetto è collocata un’acquasantiera in marmo del sec. XII posta su un capitello ionico, vi sono scolpite una coppia di sirene e 2 zampe di arpia. L’opera è attribuibile al maestro delle metope che lavorò al Duomo di Modena attorno al 1130
Fa parte del tesoro della Pieve una preziosa croce astile in argento dorato di manifattura veneta del sec. XV., attualmente esposta al Museo dell’Abbazia di Nonantola.
La torre campanaria con le sue solide e massicce strutture assolveva anche a funzione difensiva come si può notare dalle feritoie ancora esistenti.