Abbazia di S. Maria Assunta e San Claudio
Frassinoro
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L’abbazia benedettina di Frassinoro, in Val Dragone, nell’appennino modenese, fu fondata e munificamente dotata da Beatrice di Lorena, vedova di Bonifacio di Canossa e madre della più famosa Matilde, la Gran Contessa, il 29 agosto 1071.
Nel 1077, con privilegio emanato da quest’ultima, l’abate di Frassinoro ottenne in aggiunta a quella religiosa anche l’autorità temporale sull’intera Val Dragone e su buona parte dell’adiacente Val Dolo, che divennero col nome Terre della Badia vero e proprio feudo abbaziale. L’abbazia esercitò la propria signoria sulle due vallate fino al 1261 quando, dopo decenni di lotte sanguinose dovette rinunciarvi a favore del Comune di Modena.
La perdita del potere temporale segnò l’inizio della decadenza del Monastero di Frassinoro. Alla fine del secolo successivo la comunità monastica si era ormai dissolta. Nel 1473 l’Abbazia con numerosi beni che ancora possedeva cadde in commenda e nel 1585 fu definitivamente soppressa da Papa Sisto V, che ne assegnò il patrimonio al collegio romano dei Maroniti, i quali lo godettero fino al 1771, quando il duca di Modena Francesco III d’Este ne decretò il sequestro e lo devolse a favore dell’Opera Pia modenese.
I lavori per la costruzione del convento e della chiesa abbaziale, che ebbe il titolo di Santa Maria Assunta, cui si aggiunse in seguito anche quello di San Claudio, iniziarono nella primavera del 1072 ed erano quasi ultimati nel 1076, l’anno della morte della fondatrice.
Gli edifici monastici andarono distrutti nella prima metà del XIV secolo, durante le lotte fazione che opposero ghibellini modenese e guelfi bolognesi, e non furono più riedificati.
La chiesa, che per incuria stava cadendo essa pure in rovina, fu ricostruita intorno alla metà del cinquecento ed è quella che esiste tuttora come parrocchiale, quantunque ripetutamente manomessa da restauri successivi, anche d’epoca moderna.
In particolare il campanile, originariamente addossato sulla destra alla semplice facciata a tre spioventi, nel 1909 fu abbattuto perché pericolante e ricostruito sul lato opposto della chiesa e da essa distaccato.
L’interno è suddiviso da massici e tozzi pilastri in tre navate, con soffitto a capriate lignee la centrale e ad ampie arcate a tutto sesto le laterali. L’ancona di legno dipinto e dorato murata nel coro, con la tavola dell’Assunta ed i Santi Claudio e Lorenzo è dei primissimi anni del XVII secolo.
L’altar maggiore, di legno intarsiato, è ottocentesco ed opera di artigiani della zona. La Madonna col Bambino sull’altare al fondo della navata destra è uno stucco policromo di scuola toscana del XV secolo.
Gli antichi capitelli sono stati riutilizzati: alcuni sono stati uniti per formare acquasantiere, altri si trovano negli archi delle cappelle, nelle trabeazioni degli altari, oppure decorano le bifore del campanile e della canonica, o ancora sono conservati nello spazio museale.
Degno di attenzione è un rilievo scolpito su una lastra triangolare, probabilmente dell'XI secolo, che raffigura un personaggio al centro di due grifoni.
Mentre tra i suppellettili particolare è un colombina eucaristica (dell'XI - fine XII secolo, forse di maestranze di Limoges), in rame probabilmente all'origine dorato, rifinita a cesello con il corpo decorato con gemme e smalti. La colombina, nel Medioevo, era posata su un piatto e veniva sospesa con delle catenelle sull'altare.
La croce e un candelabro del sec. XI-XII conservati al Museo Civico di Modena
Il grande organo collocato nella tribuna che sovrasta il portale d’ingresso fu realizzato da famosi organari locali ai primi del novecento.