Monastero di S. Giovanni
Parma
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Il complesso monastico benedettino di San Giovanni Evangelista di Parma, fondato dal Vescovo Sigefredo nel 981 in area extraurbana, diede vita, insieme con il coevo insediamento benedettino femminile di San Paolo, alla prima espansione extraurbana della città altomedievale.
Il momento cruciale della vita monastica in San Giovanni coincise nel 1477 con l'ingresso della comunità nell’orbita della Congregazione di Santa Giustina (Padova), seguita alla riforma promossa da Ludovico Barbo.
I principi riformatori promossi da Barbo puntavano sul rinnovamento dell’esperienza mistica dei monaci e sulla regolarizzazione dell’economia dei monasteri, dando così avvìo alle premesse per la rinascita del movimento benedettino tra XV e XVI.
Proprio negli anni del fermento rinascimentale si diffondevano nuove idee sul ruolo delle comunità religiose nella società del tempo e, contestualmente nuovi criteri sul versante delle progettazioni artistiche, architettoniche, pittoriche e scultoree. In tale prospettiva vanno intese le imprese d’arte promosse nel cenobio parmense, che, richieste agli artefici più celebri del tempo, diedero vita ad una vera e propria rinascita.
Sul versante architettonico i maestri attivi nel cantiere furono Bernardino Zaccagni, dal 1490 impegnato nella costruzione della chiesa, Giliolo da Reggio, attivo dal 1490 al 1502, Pietro Cavazzolo dal 1510, Antonio Ferrari d'Agrate, pagato dal 1491, Gian Francesco Zaccagni, contattato dal 1525, Giovanni Boscoli, dal settimo decennio del ‘500.
La ricca fucina pittorica bene rappresentata già all’esordio del Cinquecento dall’attività di Cristoforo Caselli, (1460 ca. – 1521), Cesare Cesariano, (1475 - 1543) e da quella successiva di Girolamo Bedoli ( 1508 – 1572) e Michelangelo Anselmi, (1491/1492 – 1556) incontrava il proprio zenith nelle testimonianze rese dai due grandi leader della civiltà rinascimentale, non parmense soltanto, Antonio Allegri, il Correggio (1489 ? – 1530) e Francesco Mazzola, Parmigianino (1503-1540)
Nel monastero il nuovo fermento dell’architettura monastica è ben visibile nell’articolazione dei chiostri in sequenza, (una disposizione funzionale allo svolgimento dei riti processionali della comunità religiosa), unitamente allo sviluppo delle grandi crociere dei dormitori ai piani superiori e nella sequenza delle celle ove il monaco osserva la devotio, il perfezionamento spirituale nella solitudine.
Si deve ricordare come il monastero stia attualmente inaugurando una nuova stagione di rinnovamento, coronata nell’autunno del 2020 dal restauro del fregio affrescato da Correggio nella prima campata di destra (per chi entra e a partire dal transetto): la prima tappa di un intervento manutentivo che è negli intenti estendere all’intera decorazione presente nelle altre campate.
E dunque nei secoli i monaci neri di San Giovanni Evangelista, fedeli al monito ‘Ora, lege et labora’, hanno tenuto fede all’impegno di preservare e valorizzare uno spazio ove arte e spiritualità convivono in felice simbiosi.